La presidente del Consiglio non deve solo stare attenta alle persone con le quali parla al telefono (quelli che si fingono rappresentanti dell’Unione africana e sono invece due comici russi, che si divertano o siano messaggeri delle nostre debolezze non saprei). Giorgia deve stare molto attenta anche all’iter della sua riforma costituzionale. Personalmente avanzo due dubbi sul testo diffuso, di carattere generale. Uno di buon senso. Già criticai la legge elettorale definita Italicum avanzata da Renzi al tempo della sua presidenza del Consiglio, che di fatto, col culto del sindaco d’Italia, istituiva una sorta di premierato. Che questo sistema non esista in nessuna parte del mondo non può essere trascurato. I sistemi conosciuti e sperimentati con più o meno successo, sono due, tutti con variabili: quello presidenziale e quello parlamentare. Il modello presidenziale poi si può suddividere in presidenziale puro (Stati uniti) e semipresidenziale (Francia) e quello parlamentare in parlamentare puro (Italia) e parlamentare con cancellierato (Germania). Il sistema parlamentare si regge poi su leggi elettorali alquanto diverse che assicurano più o meno stabilità (nel Regno unito vige il sistema maggioritario, mentre in Germania lo sbarramento al 5%). In nessuno di questi paesi e neanche negli altri esiste il premierato, cioè l’elezione diretta del presidente del Consiglio. La ragione sta nella sua figura che dipende sempre dall’esistenza di una maggioranza parlamentare. Complicato garantire che un presidente del Consiglio eletto direttamente si porti seco sempre una maggioranza parlamentare. Nel progetto di legge Casellati si sostiene che occorrerebbe una legge elettorale con premio di maggioranza tale da assicurare al premier il 55%. Come fare? C’era una legge di questo tipo, il Porcellum, che faceva volare la prima coalizione alla maggioranza assoluta qualsiasi percentuale avesse conquistato. Ma per questo (per non avere fissato una soglia minima per la conquista del premio di maggioranza) é stata bocciata dalla Corte costituzionale. E’ chiaro che l’incertezza di assicurare al premier eletto una maggioranza parlamentare inficia l’intera impalcatura della legge. Ma se mai questa proposta venisse approvata dalle due Camere con le procedure previste dall’articolo 138 della Costituzione si potrebbe andare al referendum confermativo, l’unico che con contempla l’obbligo del voto della maggioranza degli aventi diritto. Ve lo immaginate un referendum su una questione così delicata, contestato da una parte in nome della democrazia costituzionale, che la destra intende ribaltare in nome di un uomo solo al comando? Vi ricorda niente questo assunto? Potrebbe scattare nella mente di qualcuno qualche ricordo? Non saprei, ma il pericolo esiste. Dunque, per il limite evidente della proposta e per i rischi che contiene consiglio a Giorgia di pensare ad altro. Ad esempio a rintrodurre le preferenze nella legge elettorale. Basterebbe una legge perché quella elettorale non è prevista dalla Costituzione. Non eleggerebbe il capo dell’esecutivo, ma tutti i parlamentari sì. E non sarebbe poco.
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Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.
1 commento
La reintroduzione delle preferenze accrescerebbe il “peso” del Parlamentare, quale espressione diretta dell’elettore, alla pari di chi si afferma nel Collegio uninominale, peso che andrebbe tuttavia riequilibrato, a mio modesto vedere, col contestuale rafforzamento della figura del Primo Ministro (facendolo a sua volta originare dal voto popolare).
Nella Prima Repubblica il problema non si poneva perché la politica era forte, e altrettanto lo erano i partiti identitari, tanto che non ricordo casi di Governi Tecnici, com’è poi successo nei decenni successivi, e mi pare altresì contraddittorio che Sindaci e Governatori siano eletti direttamente, e non lo sia invece chi guida l’intero Paese.
Paolo Bolognesi 03.11.2023