di Leonardo Raito
La migliore letteratura di analisi politologica negli ultimi anni ha puntato forte sulla volatilità dell’elettorato. L’Italia è un esempio lampante di come il consenso sia effimero e solo negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un’altalena di entusiasmi e delusioni che ha colpito quasi tutti i leader e i movimenti rampanti: Renzi che arriva al 40% alle europee del 2014, Salvini al 34% nel 2019, I Cinque stelle al 32% alle politiche del 2018 salvo ritrovarsi, nelle tornate successive, cali disarmanti. Giorgia Meloni ha saputo, con pazienza e impegno, tessere una rete che ha portato a Fratelli d’Italia il consenso di delusi e disillusi, sostegni della destra più lontana dal moderatismo e che sembrava orfana di patria partitica, ma tuttavia deve stare attenta al rischio che hanno corso (e al dazio che hanno pagato) i suoi predecessori.
L’incedere faticoso dell’esperienza di governo, infatti, non sta passando sotto traccia anche in un elettorato che, facendo i conti con contingenze e difficoltà, vede svanire una programmazione proposta e sostenuta. Giorgia Meloni rischia allora di vanificare il patrimonio di consenso che, in questo momento, una opposizione blanda e una tenuta della propria personale credibilità, le stanno garantendo.
Della Meloni presidente del consiglio si è apprezzato, in una prima fase, un certo attivismo in politica estera (tanto da oscurare Taiani che è da capire se sia o meno il vero ministro degli affari internazionali), abbinato a un allineamento europeo che però si poneva in contraddizione con un certo rampantismo delle premesse. La leonessa ruggente che eravamo stati abituati a vedere negli anni di opposizione totale, ha lasciato il passo a una più docile mediatrice, fino a questo momento incapace di spostare gli equilibri.
Di sicuro non hanno giovato all’esecutivo e alla presidente i comportamenti di alcuni stretti collaboratori, dalla vicenda Santanché al ruolo di Delmastro (per non dire di Donzelli che un danno pensa e cento ne fa), dal freno al Nordio riformista fino alle uscite non brillanti di Urso (ma crede davvero che paghiamo la benzina meno cara d’Europa o viene da Marte?), Lollobrigida (mamma mia quanto bene mangiano i poveri…), Sangiuliano (i libri prima si premiano e poi si leggono…) così come alcune sparate di La Russa. Forse ci si poteva aspettare di meglio.
Del resto, del tutto inefficaci sono state alcune delle proposte relative ai cavalli di battaglia della destra destra: zero risultati sulla attenuazione dei flussi migratori (che registrano un raddoppio di sbarchi), pochi risultati nel prevenire reati odiosi come le violenze sulle donne, incapacità assoluta di contenere l’inflazione, con problematiche che continuano a emergere giorno dopo giorno (conti pubblici, PNRR, problema delle carceri, riforme istituzionali, pensioni ecc.).
Insomma, è vero che Giorgia Meloni continua ad avere un buon consenso personale, ma fino a quando basterà? Ancora una volta ci si rende conto che fare opposizione ed urlare nelle piazze è molto più facile che esercitare azioni di governo. Attenzione quindi, perché un elettorato volatile e sempre più arrabbiato potrebbe far presto, ancora una volta, a saltare giù dal carro del vincitore azzoppato.