Di Caterina Cazzato.
Può un’associazione culturale contribuire al progresso sociale? Certo: com’è noto, l’articolo 4 della Costituzione italiana prevede il dovere del cittadino di concorrere al progresso materiale e spirituale della società, secondo le proprie possibilità e la propria scelta e quindi anche attraverso l’attività in seno ad un’associazione.
Per iniziativa della referente varesina di “Stati generali delle donne”, Luisa Cortesi, il mio piacevole incontro con Isa Maggi, commercialista, presidente dell’ Associazione “Stati generali delle donne” – donna di spessore, vivace, curiosa e concreta – si è incentrato su spunti di riflessione che inducono a ritenere quanto sia utile un movimento di pensiero femminile come quello alimentato nell’ambito di tale Associazione, che, snodandosi fra iniziative culturali internazionali e nazionali, prendendo le mosse dall’urgenza di individuare vie d’uscita alla crisi femminile nel mondo del lavoro, acuita dalla pandemia, si è allargato a contemplare tematiche di sicuro interesse femminile, come il bilancio di genere negli enti locali e l’urbanistica al femminile; dal 2014 ad oggi, l’Associazione si è diffusa in tutta la penisola, in ogni regione, in ogni provincia .
Chiedo ad Isa Maggi: “Perché, Isa, un’associazione al femminile? Le donne si auto-discriminano associandosi fra di loro, nel 2024?”. Mi risponde: “Noi abbiamo la prerogativa di lavorare con gli uomini; siamo un’associazione femminile che promuove gli uomini anche, attraverso il riconoscimento “Gli uomini illuminati”, che, dal 2017, accordiamo agli uomini che, ogni anno, vengono selezionati e che, con noi, camminano sulle strade della parità: si tratta di un’alleanza e fra generi e intergenerazionale. Le donne, associandosi fra loro, non si auto discriminano, anzi, noi crediamo che le donne siano protagoniste del nostro tempo (vedi progetti in siti: statigeneralidelledonne.com e alleanzadelledonne.it)”.
Chiedo provocatoriamente: “Isa, in che misura “Stati generali delle donne” può essere inteso quale “ambiente inclusivo”? e Isa risponde: ”Nel libro che abbiamo scritto, “Le parole delle donne”, la parola inclusione non c’è: le donne devono essere protagoniste, non hanno bisogno di essere incluse come se fossero discriminate da integrare; non siamo il segmento debole della popolazione, non siamo il segmento debole del mercato del lavoro”.
L’art. 18 della stessa Costituzione attesta la legittimità di un’associazione che si forma liberamente, in ossequio al principio del pluralismo, e della libertà in un’associazione dei suoi membri: l’associato ha il diritto di conservare la sfera delle proprie libertà di individuali all’interno della struttura associativa; bene, l’associazione “Stati generali delle donne” si professa apartitica e aperta ai partecipanti, senza distinzioni. La petizione di principio esposta nel sito dell’associazione può essere trasmessa attraverso frasi come: “…Diamo spazio alle donne di tutto il mondo per riflettere su cosa è successo nei vent’anni che ci separano da Pechino 1995, per delineare proposte, per disegnare prospettive di cambiamento vero e soprattutto costruire politiche per ridare il lavoro alle donne, nell’economia della crisi.
Occorre un nuovo modello di sviluppo per uscire dalla crisi con la forza delle donne.
Dai dati statistici emerge che, nei periodi difficili, le donne creano lavoro e combattono in modo positivo con idee che possono rivoluzionare la gestione del territorio. Si deve ripartire da interventi legislativi ed economici che abbiano alla base valori etici che possano ricostruire un’economia sociale e finanziaria che sia sostenibile nel rispetto delle esigenze e delle politiche femminili.”
La“Carta delle donne del Mondo”, documento che attesta un percorso interattivo dell’ Associazione in parola, iniziato a Roma nell’alveo di “Stati Generali delle donne”, continuato a “Milano in Expo 2015” e proseguito in “Matera 2019”, coinvolgendo le donne da tutto il mondo (981 delegate provenienti da 35 Paesi), testimonia quanto sia sentita, a livello globale la necessità della partecipazione delle donne alla vita sociale, attraverso la formulazione di proposte concrete e fattibili per il rispetto della vita, della salute e della libertà e dei diritti delle donne; per l’economia al femminile anche con riguardo all’accesso al credito; nel lavoro, per la valorizzazione del merito; nell’ambiente, per il rispetto delle necessità femminili espresse attraverso anche le infrastrutture architettoniche .
Il raggiungimento degli obiettivi individuati in seno all’Associazione passa attraverso la diffusione di una cultura che ricompensi il ruolo fondamentale delle donne nella società, in tutti gli ambiti vitali e, in particolare, nell’economia e nel lavoro, nell’ottica delle pari opportunità. Pertanto, i progetti come “La città delle donne”, “Made in woman – made in Italy”, “Donne che ce l’hanno fatta”, “Il futuro è di chi lo fa”, “Un patto per le donne” sono prima di tutto iniziative culturali perché fornire input per far evolvere il pensiero sociale in funzione della sensibilità delle persone, nel tempo, contribuisce ad integrare il progresso sociale.
A parere di chi scrive, è tanto più opportuno diffondere idee e prassi, a sostegno delle pari opportunità e della parità di genere, quanto più si faccia incalzante un revival di pensiero pseudo-conservatore, che, attraverso la narrazione nostalgica di usi e costumi tradizionali, indirettamente oscura il valore femminile attualmente inteso attraverso clichè che nel sentire comune sono ormai superati (la donna angelo del focolare, la donna casa-chiesa, la donna che si dedica agli studi umanistici anziché economico-scientifici…).
La parola “inclusione”, semmai usata con riguardo al genere femminile, andrà intesa nel senso più adeguato alle necessità di affermare i diritti delle donne, rispetto alla ricorrenza di eventuali prassi inique e limitanti.