di Luca Castaldo
È uscito giovedì 20 aprile nei cinema, “il Sol dell’avvenire” ultimo sforzo cinematografico del regista Nanni Moretti.
La trama della pellicola tratta della realizzazione di un film nell’Italia del 1956, ambientata tra le mura di una sezione romana del PCI alle prese con la discussione sull’imminente invio dei carri armati sovietici in Ungheria.
In qualsiasi modo si possa pensarla riguardo i film e la narrativa del regista romano, lo spettatore in questo film può apprezzare la chiara e marcata vena disillusoria, tipica di quella parte della popolazione che nonostante tutto confida ancora nella discussione politica con la P maiuscola, la quale sballottata dalla dialettica moderna si ritrova e (qui torniamo a un altro pensiero morettiano), in una minoranza ristretta di persone talmente schiacciata, da perdere a volte anche la voglia di esprimere la propria opinione, pena essere tacciati di incarnare visionari dei retrogradi dei fuori tempo molto più semplicemente delle persone passate.
Accade però talvolta che il singolo appartenente a questa categoria alzi la testa, esca dal ghetto sociale, si esprima in modo articolato completo diventando così tagliente e non sconfessabile.
Con la mente libera e scevra da preconcetti, torni a confessarsi magari socialista riformista, è più in generale allergico a quella lettera “A”, oggi molto di moda, tanto da essere usata in modo inflazionato: afascista, apolitico, apartitico.
Tutti i termini preceduti da questa A privativa, che non so voi ma io non amo, non desidero essere privato di una qualunque cosa, sia esso un diritto, un’opinione un ideale, non amo che qualcosa venga nascosto depistato o dimenticato.
Nella vita voglio essere pro o contro ma mai voglio essere classificato con quelli del prefisso “A”.
E allora cari compagni ad alzare il dito per parlare dobbiamo tornare ad essere in tanti affinché un giorno potremmo tornare a vedere i sol dell’avvenire