Kramatorsk ha un ristorante, Ria.
Un missile russo l’ha devastato e degli occupanti ha fatto una strage.
Anna e Yulia Aksenchenko erano due gemelle di 14 anni, avevano appena terminato le medie inferiori e si apprestavano ad affrontare il fascino degli studi liceali. A settembre avrebbero compiuto 15 anni.
Agli inizi dell’invasione avevano lasciato Kramatorsk. Era diventato un luogo pericoloso perché era a pochi chilometri dal fronte ed era divenuta una tra le città più martoriate dalla guerra.
Si erano trasferite a Dobropillja in un piccolo villaggio lontano dalle bombe, talmente piccolo da essere lasciato tranquillo.
Da questo piccolo borgo studiavano a distanza ed eccellevano in diverse materie.
Erano tornate in città in vacanza e per stare con la madre che lavorava ancora a Kramatorsk.
Tra i corpi senza vita che sono stati tirati fuori dalle macerie del ristorante c’erano pure loro.
I capelli biondi e gli occhi meravigliosi, i loro volti sono divenuti rapidamente il simbolo della crudeltà di una guerra della quale più si va avanti e meno si comprende il senso.
Una guerra che non conosce regole e che con spietatezza colpisce ovunque, anche chi con cannoni e bombe non c’entra e non vuole entrarci per niente, anche chi, come tanti di noi magari un sabato sera, era in un ristorante per passare alcune ore di gioia e serenità per una mamma ritrovata, per una propria città ritrovata, dopo che un tragico destino le aveva costrette ad abbandonarle.
Non si tratta di essere pro o contro Putin, pro o contro l’Ucraina, non si tratta di pacifismo di maniera, si tratta di sentimenti umani, quei sentimenti che spingono ogni uomo, degno di questo nome, a ripudiare la guerra contro chiunque sia mossa e ovunque essa sia.
Del resto sono sentimenti che duemila anni fa iniziò a raccontare nel mondo un uomo scalzo e vestito di una tunica: si chiamava Gesù.
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Massimo Carugno
Vice Direttore. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura ed ha già pubblicato due romanzi: “La Foglia d’autunno” e “L’ombra dell’ultimo manto”. È anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo giornale nazionale. Impegnato in politica è attualmente membro del movimento Socialista Liberale.