di Lucia Abbatantuono.
In questi giorni il Palazzo di Vetro ospita la conferenza mondiale sull’acqua, i cui lavori si sono aperti il 22 marzo in un’atmosfera di tangibile allarme: l’ultimo report globale sullo stato dell’accesso dei popoli all’acqua e sulla quantificazione delle scorte idriche del pianeta ha dati che giustificano il più preoccupante scoramento. La carenza d’acqua è cronicizzata, e il rischio di crisi globale è stato definito, per la prima volta, “imminente” a causa dell’eccessivo sviluppo e del consumo a dir poco vampirico di cui l’uomo si sta rendendo responsabile. “Il mondo sta ciecamente camminando su una strada pericolosa con l’insostenibile uso di acqua, l’inquinamento e il surriscaldamento climatico che stanno drenando la linfa vitale dell’umanità” – ha detto lo sconsolato segretario generale Antonio Guterres.
Secondo questo specifico rapporto, sono oltre due miliardi le persone che non hanno accesso ad acqua potabile sicura, e altri 3,6 miliardi di individui non lo hanno a servizi sanitari affidabili.
“La scarsità di acqua sta diventando endemica“, rivela il rapporto, che dimostra come negli ultimi 40 anni l’uso di acqua sia aumentato a livello globale di circa l’1% ogni anno e questo trend rimarrà a tassi di crescita costanti fino al 2050.
Richard Connor, il curatore del Report, ha dichiarato che l’impatto di questa crisi idrica mondiale sarà una “questione di scenari“. Ecco perchè alla conferenza delle Nazioni Unite i governi e gli attori del settore pubblico e privato sono stati invitati a presentare proposte per organizzare un programma d’azione per l’acqua, per invertire la tendenza e cercare di raggiungere l’obiettivo di sviluppo già fissato nel 2015 di garantire “l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari per tutti entro il 2030“. La storia recente ci ricorda che l’ultima conferenza globale sull’acqua, che comunque manca tuttora di un trattato globale o di una specifica agenzia ONU, si svolse nel lontano 1977 in Argentina, a Mar del Plata. “Almeno 2 miliardi di persone utilizzano una fonte di acqua potabile contaminata da feci, esponendole al rischio di contrarre colera, dissenteria, tifo e poliomielite” – continua Connor – “e questo numero non considera l’inquinamento causato da prodotti farmaceutici, chimici, pesticidi, microplastiche e nanomateriali. Per garantire l’accesso all’acqua potabile sicura per tutti entro il 2030, gli attuali livelli di investimento dovrebbero essere triplicati”. Gli esperti del WWF, chiamati pure a fornire il proprio supporto alla causa, sostengono che acqua e clima rappresentano due crisi correlate: i problemi legati all’acqua, infatti, con la siccità e il relativo aumento degli incendi da una parte, e l’aumento di alluvioni e inondazioni dall’altra, sono destinati a peggiorare in tutto il mondo insieme all’acuirsi della crisi climatica. Sono ormai a rischio milioni di specie animali e vegetali, inclusa la specie umana.
Se il mondo piange, l’Italia certo non ride: nel nostro Paese l’emergenza idrica potrebbe mettere a rischio 320 miliardi di euro tra imprese idrovore e filiera estesa dell’acqua, cifra pari al 18% del PIL italiano. I tecnici provano a reagire adottando la Circolare delle 5R: Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione. Si tratta di ciò che emerge dalla proposta operativa contro gli sprechi e la siccità contenuta nel Libro Bianco 2023 “Valore Acqua per l’Italia”, realizzato dall’Osservatorio istituito dalla Community Valore Acqua per l’Italia, organismo creato nel 2019 da The European House-Ambrosetti per rappresentare la filiera estesa dell’acqua in Italia. Il libro Bianco in questione è stato presentato proprio durante la Giornata mondiale dell’Acqua, con una forte propensione a sollecitare l’attenzione delle nuove generazioni. I dati dello studio italiano dimostrano che in Italia il 20% dei consumi d’acqua dolce è domestico, ed è quindi necessario favorirne un consumo più responsabile partendo proprio dai giovani, che sembrano essere proprio quelli più inclini al consumo dell’acqua direttamente dal rubinetto. Il progetto di ri-educazione si svolgerà per circa un anno e coinvolgerà la rete dei 27 Licei Tred (Liceo Sperimentale per la Transizione Ecologica e Digitale) e l’Associazione Nazionale Presidi, con sette Istituti multidisciplinari localizzati nel Sud del Paese, per un totale di oltre 5.000 studenti. Il Libro Bianco italiano dimostra che per abilitare la transizione smart e digitale della filiera estesa dell’acqua è necessario tutelare maggiormente le infrastrutture idriche: anche a causa di investimenti limitati, il tasso di sostituzione delle reti idriche italiane (delle quali un quarto ha già più di 50 anni) è di 3,8 metri per km all’anno: a questo ritmo, servirebbero 250 anni per la loro manutenzione completa. La filiera estesa dell’acqua risulta ad oggi ancora troppo poco digitalizzata: il 50% dei contatori idrici nelle case italiane ha più di 20 anni, e i contatori intelligenti (o smart meter) , che registrano i consumi e trasmettono le informazioni al fornitore per il monitoraggio e la fatturazione, rappresentano solamente il 4% del totale contatori, 12 volte in meno rispetto alla media europea. Se tutte le abitazioni fossero dotate di tali smart meter si potrebbero risparmiare fino a 2,4 miliardi di euro all’anno, riducendo di 513,3 milioni di metri cubi la richiesta idrica – cifra pari a circa il 10% dei consumi idrici civili annuali). Oggi recuperiamo solo l’11% delle acque meteoriche che cadono in Italia e 1,3 milioni di cittadini, in particolare al Sud, non hanno un sistema di depurazione. Inoltre, solo il 4% delle acque reflue prodotte in Italia è destinato al riutilizzo diretto, a fronte di un potenziale del 23%., Allo stesso modo i fanghi di depurazione, che per il 53,4% sono destinati oggi allo smaltimento quando potrebbero essere riutilizzati. Purtroppo, se consideriamo i consumi idrici a uso civile gli italiani non hanno rivali tra i Paesi dell’Unione: 220 litri per abitante al giorno contro una media Ue di 165. In risposta a questa situazione i gestori industriali nel settore hanno aumentato gli investimenti del 70% negli ultimi 20 anni arrivando a una media di 56 euro per abitante nel 2021, ma il contributo alla crescita degli investimenti resta comunque limitato dalla presenza di numerose gestioni in economia, soprattutto nel Mezzogiorno, il cui valore medio di investimenti si attesta intorno a 8 Euro per abitante (negli ultimi 5 anni). I dati Ambrosetti confermano che l’acqua è una risorsa fondamentale per l’operatività di 1,5 milioni di imprese agricole, 330.000 aziende manifatturiere idrovore e oltre 9.000 imprese del settore energetico: si tratta di una filiera che vale quasi quanto l’industria farmaceutica, e oltre il doppio dell’abbigliamento.
Nel solo 2020 la spesa per l’approvvigionamento idrico, incluso l’ambito igienico-sanitario, in tutti i 27 Paesi UE (più Regno Unito) è stata pari a 100 miliardi di euro, e sia la Commissione Europea che l’OCSE hanno stimato che sarà necessario un incremento pari a quasi il triplo (+189%) di questa cifra entro il 2030, raggiungendo quasi 300 miliardi di euro. A tal proposito il nostro Libro Bianco ricorda che le aziende italiane hanno già definito delle linee di investimento apposite, che prevedono di raggiungere le soglie definite dai criteri tecnici entro il 2030, con un ammontare di risorse cumulate tra i 60 e 100 milioni di Euro per quanto riguarda il consumo di energia, e tra i 150 e 200 milioni di Euro per le perdite idriche. Sembrano cifre da far tremare i polsi, e lo sono. Bisognerà solo capire quanta sete, di giustizia e responsabilità, avremo.
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