Nella seduta n.51 del Governo Meloni, riunitosi ieri a Palazzo Chigi, sono state adottate una serie di misure destinate prevalentemente al contenimento dei costi per le famiglie dovuti ai fenomeni inflattivi degli ultimi mesi.
E così si parla di proroga sino a fine anno della riduzione delle bollette dell’energia elettrica e del gas a favore dei nuclei familiari economicamente più disagiati (con ISEE fino a 15mila euro o fino a 30mila euro se con 4 figli) o con componenti in condizioni di salute gravi, oltre ad altre misure tecniche che giocano su oneri e iva dei costi energetici.
Ma la mano del governo si posa anche sulla questione carburanti ed ecco un bonus di 80 euro per l’acquisto di benzina e diesel erogato sulla social social card (oggi utilizzata per l’acquisto di generi alimentari dai nuclei familiari con ISEE fino a 15 mila euro).
È stato infine incrementato il fondo destinato ai buoni da utilizzare per l’acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale o ferroviario nazionale, che spetta alle persone fisiche che, nell’anno 2022, abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro.
Il denominatore comune di tali provvedimenti è che sono rivolti esclusivamente a persone disagiate.
Criterio giustissimo, prima i deboli, ci mancherebbe altro. Un anelito di sensibilità sociale tutto da apprezzare, anche se arriva da una parte della politica con la quale, riformisti e riformismo, non hanno nulla a che a fare.
Il problema è che non basterà a frenare lo scivolamento dell’economia verso livelli inflattivi insostenibili per il paese.
Specie se coniugati con gli aumenti dei tassi da parte della BCE che frenano i consumi e aumentano gli accantonamenti.
Perché il problema è tutto lì, una economia sana si fonda sulla circolazione della moneta.
Perché quando c’è flusso di denaro, i consumi funzionano, merci, prodotti, servizi vengono venduti e ogni euro speso torna indietro moltiplicato per qualcosa.
E allora sulla benzina si deve fare di più, perché altrimenti il bonus di 80 euro destinato alle famiglie disagiate, assume il sapore della presa in giro.
L’aumento dei costi della benzina determina l’aumento dei costi dei trasporti, che determina l’aumento dei costi delle merci trasportate, che determina l’aumento dei prezzi, di tutti i prezzi.
Mentre gli stipendi restano uguali.
Se si vuole salvare l’economia si devono almeno ridurre, se non azzerare, le accise. Perché altrimenti non serve nulla, neanche i lodevoli provvedimenti presi ieri, l’aiuto alle famiglie non basta.
Abbiamo già scritto che queste maledette accise, nel loro complesso, incidono in maniera ridicola nel bilancio dello stato.
Il loro azzeramento aumenterà i consumi e quel che si perde da una via è recuperabile altrove per esempio con la maggior Iva ricavata dalla crescita dei flussi commerciali.
Quali oscuri meccanismi ostacolino tale decisione non si riesce a comprendere, eppure l’avevano promesso.
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Massimo Carugno
Vice Direttore. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura ed ha già pubblicato due romanzi: “La Foglia d’autunno” e “L’ombra dell’ultimo manto”. È anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo giornale nazionale. Impegnato in politica è attualmente membro del movimento Socialista Liberale.