Di Alessandro Perelli
L’ Africa mediterranea ( ad eccezione forse del Marocco) e’ piena di situazioni istituzionali per noi problematiche dal punto di vista dei diritti democratici e liberali. Con questi Paesi però per i problemi derivati dai rifornimenti energetici e delle migrazioni si preferisce sorvolare su questi aspetti per concentrarsi sulle urgenze concrete del nostro Paese.
Succede in questi giorni in Tunisia dove la Premier Meloni di fronte a un Presidente Kais Saied che ha tolto potere al Parlamento per darlo a se stesso si è preoccupata soprattutto di fermare l’ ondata dei clandestini che invadono le coste italiane. E’ accaduto in Algeria dove la casta dominante della repubblica popolare continua a vessare la società civile e le aspirazioni di libertà ma la presenza di ricchi giacimenti di gas ci permettono di fare fronte alla richiesta derivata dalla mancanza di quello russo .
Non parliamo poi dell’ Egitto in cui una vicenda come quella dell’ assassinio di Giulio Regeni e dell’ incarcerazione di Patrick Zaki imporrebbero la rottura delle relazioni diplomatiche e invece il nostro Paese continua a vendere navi e armi e a ricevere petrolio. Ancora più assurda , se vogliamo, è la situazione della Libia, stato con cui abbiamo una lunga tradizione di rapporti economici, culturali e sociali e che ha visto nel passato anche la nostra colonizzazione.
In Libia il caos domina ancora sovrano. Nonostante gli sforzi ONU ma soprattutto il tacito accordo tra Turchia e Russia che doveva portare a un’ intesa per le elezioni e la formazione di un unico organismo parlamentare permangono due Governi, uno a Tripoli con Dbeibah, uomo d’ affari legato a Ankara ma ben visto anche a Mosca e uno nominato dal Parlamento di Tobruk con l’ombra del generale Haftar.
Quest’ultimo però, Bashagha, e’ stato recentemente scaricato dallo stesso Haftar in quanto non e’ riuscito a spodestare Dbeibah conquistando la capitale. Essendo le due fazioni sostanzialmente in conflitto anche se , a parte alcune scaramucce, ufficialmente bloccate negli scontri armati dall’ ultima intesa trovata a Ginevra, l’Unione Europea e particolarmente il nostro Paese che ha tuttora notevoli interessi economici , tra cui il ruolo dell’ENI, e che continua a ricevere migliaia di clandestini che affollano Lampedusa e le coste dell’ Italia meridionale, hanno scelto la strada della realpolitik facendo i conti con ambedue gli Esecutivi.
Ed ecco che dopo la visita al Governo, teoricamente legittimo di Dbeibah ,Meloni e il Ministro Piantedosi hanno voluto incontrare a Roma proprio Haftar . E l’ argomento principale di discussione è stato ,oltre l’ utilizzo dei pozzi petroliferi controllati dai due Esecutivi , la necessità di bloccare sul territorio libico quella massa di poveracci e disperati che, anche dalle località subsahariane cercano di raggiungere clandestinamente il nostro territorio.
Con un’ attenzione per la verità non rilevante sulle condizioni assolutamente insufficienti dal punto di vista umano e sanitario con cui questi migranti sono trattenuti nei fatiscenti campi di raccolta. Ciò naturalmente in cambio di aiuti finanziari ai due Governi.
Ma c’ e’ di più. Proprio negli ultimi giorni , per meglio accreditarsi presso di noi, Haftar si e’ reso protagonista di un’ azione di polizia che ha portato all’ arresto di un migliaio di questi migranti nella cittadina l’unica di Musaid , con scontri che hanno causato vittime e feriti.
Peccato che invece dalla Cirenaica, da lui controllata, sia partito il barcone che affondando, al largo del Peloponneso, abbia fatto travolgere e affogare circa 600 persone, tea cui molti bambini. In questo contesto da una parte e dall’altra vi è da considerare anche il ruolo delle tribù che con il loro interessi e affari incidono pesantemente nella vita quotidiana della popolazione.. In Libia parlare di normalizzazione rimane un miraggio.
Nulla di sa ancora di certo su quando finalmente si potrà garantire un quadro democratico al Paese . La spartizione territoriale delle risorse energetiche presenti ( e che continuano a solleticare gli appetiti di Russia e Turchia) rimane l’ unico punto di riferimento concreto di una totale confusione istituzionale e politica.