Il governo Meloni ha una linea puerile sullo sciopero della fame di Cospito. Definirlo un ricatto cui non cedere è profondamente impolitico, la butta in vacca per invocare vigliaccherie, rancori, cattiverie e ottusità popolari di cui si nutre. Molte persone “perbene” in questi decenni hanno tenuto scioperi della fame e altre forme di protesta non violenta contro ogni forma di carcere duro. Al di là del solito gioco delle parti, generalmente non coinvolte nella merda carceraria, le proteste dei detenuti sono le uniche che allarmano l’opinione pubblica (o meglio la cattiva coscienza pubblica).
Le forze di governo, e le anime nere delle solite corporazioni, hanno scelto di giustificare la loro intransigenza avvitando il dibattito intorno alle presunte strategie di Cospito. Fare un processo alle intenzioni di un terrorista, detenuto, isolato e in sciopero della fame, svilisce però la democrazia molto più che aprendo un’autocritica, seppur tardiva proprio perché rinviata dai veri ricatti morali (ed elettorali).
Un corpo
È evidente il desiderio che quelli-lì-in-galera se ne stiano zitti e buoni, perché la loro vita è vista come una gentile concessione dello Stato. Sicuramente c’è un problema culturale, ma è l’esistenza stessa delle carceri la giustificazione di tale cultura Materia per altro articolo..
Quando poi il carcerato in questione è un gambizzatore e stragista mancato, ecco che ci si sente autorizzati a dirne di cotte e di crude. Lui stesso poi scrive delle cose tamarrissime sulle proprie azioni ma poco importa, perché c’è il suo corpo sul piatto, non la sua anima. Un corpo come quello di noi tutti non la sua personalissima anima. Anima come metafora, ça va sans dire. Ne approfitto per fare il disclaimer che non credo ci sia bisogno di fare disclaimer. Ma ne dovrò fare strada facendo.
È inoltre assurdo vedere come, intorno a questo pezzo di carne, il dibattito tra chi sostiene o potrebbe sostenere la riforma del 41bis e dell’ostatività si sia diviso tra fan che ne hanno fatto il loro marò e scettici blues che ne sottolineano le differenze con Mandela.
In realtà però Cospito sta facendo un favore. Questa sarebbe un’occasione d’oro per affrancarsi da queste leggi fatte male e cresciute peggio, aprendo un dibattito umanitario in grado di arrivare a una azione. Non per salvare Cospito ma per rafforzarci come società. Pensate se fosse stato un mafioso o uno dell’Isis a lasciarsi morire, ci sarebbe stato ancora meno spazio di discussione. Infatti l’arma retorica più forte è sottolineare (goffamente, si è visto) l’approccio di Cospito con i mafiosi della sua struttura.
La democrazia mostrificata
Di fatto parliamo di un comma di un articolo addirittura bis, pensato come si sa temporaneamente e in piena guerra ma soprattutto per arginare il casino che c’era nelle carceri di inizio anni 90 (roba da Gotham city per corruzione, connivenze e consociazioni). Sembra però impossibile superare quelle poche parole che hanno dato allo Stato un’ebbrezza evidentemente irrinunciabile, oltre che innominabile.
Le 50 sfumature di socialdemocratici, insieme alle varie manifestazioni liberaloidi e al blocco conservatore hanno messo in campo questa rogna con troppa superficialità e poi è stato impossibile integrare i pro, superare i contro e trascendere le ragioni storiche–.
Questo 41bis introdotto da Martelli fu vincente insieme alla legge sui pentiti. Non c’è dubbio. Quella guerra è stata così vinta dallo Stato, che ha potuto rivendicare il monopolio della violenza dopo decenni di illegalità protetta (secondo Rocco Chinnici) dalla sua classe dirigente. Bisognava dunque metterci mano e invece nel 2002, anche sull’onda dell’11 settembre, Berlusconi ne certificò la deriva. Infatti altro punto è l’estrema insufficienza della nozione di “terrorismo”.
Mentre si discute di una riforma della giustizia che la destraccia vuole intestarsi, diventa dunque doveroso mettere sul piatto anche la rogna di cui nessuno vuole occuparsi, anche a costo di far saltare tutto il tavolo delle trattative su tante altre questioni dolorose. Visione incomprensibile per tutti i partiti di sistema. Del resto perché occuparsene? Si tratta di una roba per mafiosi, per terroristi, per pedofili, per schiavisti, per stupratori, per spacciatori, per rapitori e ovviamente per i peggiori di tutti: i contrabbandieri di tabacco.
Se non passa l’idea di una ristrutturazione razionale e umanitaria della Giustizia, verranno ancora più a mancare le già poche (e fragili) ragioni che giustificano l’esistenza della stessa democrazia italiana: se non si costringe il governo a mettere mano a quegli strumenti, che manifestano tra l’altro anche una torsione da uno scopo dichiarato a uno effettivo e terribile, la società italiana che se ne farà di una tale democrazia mostrificata?
Del resto, la civiltà giuridica europea, con tutti i suoi limiti, insiste molto contro questa misura assimilata evidentemente alla tortura. Persino gli USA negano l’estradizione in Italia a mafiosi a causa del 41bis.
Si ripete la storia dei processi del 7 aprile, della crociata terribile del duopolio DC-PCI (con annessi pezzi di società e connessi pezzi di Stato) contro le nuove sinistre; crociata condotta ancora col codice fascista di Rocco (compianto dichiaratamente da Travaglio), robe che portarono quasi l’intero mondo a trattarci davvero come una repubblica delle proverbiali banane.
La dottrina Mitterand, che attira gli “ooooh” indignati di tante tricoteuse da Travaglio in su, o la solidarietà brasiliana verso gli imputati e i condannati di quei processi non erano certo connivenza, era umanità. Perché un processo rispettabile non può che essere un processo umano, persino a discapito della Verità. Senza ciò non esiste alcuna ragione neanche pragmatica per l’esistenza dello Stato, solo giustificazioni nevrotiche.
La Giustizia socialista
Questo è un giornale socialista, e il garantismo socialista non nasce ipocritamente con Mani Pulite. Dal rapimento Moro lo ricordammo bene agli italiani, cercando di mostrare come fosse maniacale, oltre che ipocrita, la linea della fermezza, della non trattativa. Anche sostenendo poi le ragazze e i ragazzi della Nuova Sinistra vittime di persecuzione. Anche nei nostri spazi di discussione, a cominciare da Mondoperaio. Il grande e compianto Luigi Covatta, venuto da quella scuola, perse almeno due amici (Tobagi e Biagi) per mano terrorista, ma non vennero mai meno la sua onestà intellettuale e il suo spirito di giustizia, che dire garantista è riduttivo.
Del resto questo spirito di giustizia era forte anche di consapevolezze pragmatiche, a cominciare dal rifiuto verso il mito della “perdita dell’innocenza” (Piazza Fontana 1969). La violenza, ricordava Covatta, aveva sempre fatto parte del movimento studentesco: la “legalità” non è un valore assoluto ma per forza relativo e contingenziale. Da usare con sano opportunismo.
Quando i socialisti italiani nacquero come conversione di massa dal movimento anarchico, la ragione fu principalmente quella della legalità; non certo perché la legalità nell’orribile stato sabaudo fosse una condizione sufficiente. Si tentò piuttosto di approfittare dei nuovi spazi proto-democratici, di esasperare le ipocrisie di quella legalità, di farne esplodere le contraddizioni sollevando da un lato la realtà delle masse e dall’altro mandando in tilt le istituzioni. Il ministerialismo fu un’estrema coda, senile, di ciò.
In questo spirito non c’è nulla di mistico, è una primizia del seminato, una automatica e pragmatica risposta alla perfida giustizia dei Savoia. Ogni opzione socialista causava violenza militare, violenza mediatica e anche violenza giudiziaria. Al fianco di eroici lavoratori le altre figure di quell’epoca erano gli avvocati socialisti, che però non difendevano solo i compagni di partito. Difendevano anche gli anarchici, nonostante la cosa non piacesse agli ortodossi marxisti.
Del resto, verso i compagni anarchici proviamo sempre quella che somiglia a una tenera ma fuligginosa nostalgia dell’Inferno, e offriamo loro le disponibilità (pur imbarazzate) di una umoristica disinvoltura mondana e intima.
Dopo l’assassinio di Umberto il Tiranno, I e purtroppo non ultimo, il compagno Bresci chiese a Turati di difenderlo ma questo dovette rifiutare perché il Regno non vedeva l’ora di fare di tutt’erba un fascio e spazzare via i socialisti con gli anarchici. Si optò allora per il compagno Merlino, ancora non tesserato, già esperto di casi simili.
Il complottismo tattico del Governo
Il punto dello Stato era quello di far passare l’idea del complotto, un complotto anarchico internazionale che dall’Inghilterra arrivava in Italia e vedeva la complicità dei socialisti. Non c’era insomma solo da punire Bresci ma tutti i difensori e organizzatori e vendicatori della classe lavoratrice.
Alla stessa maniera questo 41bis a Cospito (che non voglio paragonare a Bresci, che non voglio porre come esempio, che non stimo e blablablablabla tutto ciò che vi serve esplicitato per leggere con serenità quello scrivo) vuol dare l’idea di una cupola anarchica. Per molto tempo Cospito ha partecipato al dibattito anarchico dal carcere, senza organizzazione di attentati o altro. Le violenze anarchiche di questi ultimi mesi di 41bis dimostrano che è la repressione a incancrenire la questione, e che Cospito non è un capo. La destra vuol fare passare una lettura opposta: un ricatto di Cospito manovratore di violenti ben organizzati e collusi con la mafia.
Questa linea rafforza sicuramente il Governo ma è un segnale di estrema debolezza dello Stato, come nel ‘78. A quei tempi però c’era un forte mondo socialista, libertario e umanitario, pronto a integrare i disastri del Duopolio DC-PCI ma adesso no. Non c’è neanche un Vassalli pronto a rimetter mano dignitosamente ai codici.
Questa crociata contro l’inconsistenza attuale (pur rumorosa) del movimento anarchico stride cialtronescamente con l’altro gemello malvissuto di 41bis ed ergastolo ostativo: la legge sui pentiti. Ormai lo status di collaboratore di giustizia viene concesso per robetta, lo Stato si svende in cambio di qualche titolo esultante. Una simile condotta, estremizzata dalla destraccia, minaccia davvero lo Stato altro che anarchici.
Non c’è un complotto anarchico internazionale. Esistono reti, esiste una propaganda online, esiste una vocazione che porta a concentrandosi qua e là (la Grecia dell’Austerity, la Barcellona sediziosa, la Val di Susa della TAV, ecc) per “far pratica” ma la minacciosa pressione denunciata dal Governo è più spontanea che “spintanea”.
Con ciò ovviamente non voglio sminuire (altro disclaimer) quanto danno abbiano fatto e possano fare certi anarchici informali, ma va vista con estrema freddezza la realtà altrimenti si imbarcheranno risorse umane ed economiche in una ennesima crociata contro dei fantasmi. Soprattutto le forze dell’ordine devono comprendere che il Potere Politico, quello che non “tratta”, esporrà sempre loro non solo come scudi umani ma anche nelle inevitabili negoziazioni sotterranee, per tenersi le mani pulite. Oltre a tenerle prigioniere nelle orrende carceri insieme ai criminali. Cosa c’entra la sicurezza con il vietare lo studio, l’aria, la musica, eccetera? Non è una trattativa, non si cederebbe sovranità né dignità, bensì le si riacquisterebbe.
Quindi butto qui una forse corriva descrizione che fa degli anarchici il narratore-protagonista del racconto di Sciascia l’Antimonio (negli Zii di Sicilia), uno che era nel fronte opposto agli anarchici: «Mi piacevano, gli anarchici; quelli veri, si capisce. Non è che con gente come loro si possano vincere le guerre, si perdono sicuramente invece; […] morivano più per le cose che odiavano che per quelle che amavano: perciò avevano pazzo coraggio e sete di sacrificio, ognuno di loro si sentiva un po’ Gesù Cristo, e del proprio sangue vedeva redento il mondo. E si capisce che quando uno vuol farsi mettere in croce […] non ha bisogno di ufficiali che gli dicano quando è il momento di muoversi e quando è il momento di fermarsi. Un anarchico […] considera se stesso come una bomba che è fatta per essere lanciata ed esplodere: »
2 commenti
Un bellissimo articolo che mi ha fatto rivivere la partecipazione degli anni 70-80 dove il partito era solo a parlare di umanita di giustizia..come non ricordare Mancini!! Poi l’epoca seguente e’ arrivata con il suo buio e sono stati anni di silenzio su tutte le situazioni di controllo psicologico che venivano portate avanti e che hanno chiuso la mente di molti in un pensiero unico che non consente piu dialogare sul concetto di umanita e dignita che la costituzione affrontava nel suo insieme. Invece di esercitare i diritti vengono interpretati e questa sciagura non puo che portare alla creazione di mostri e alla distruzione di una cultura dell’uomo quale espressione dei suoi valori e della sua partecipazione sociale.
C’è bisogno dei socialisti per uscire da questa bassa culturale e babele populista.