di Lucia Abbatantuono
Saranno tre i giorni in cui non si celebreranno udienze penali in Italia. L’ha deciso la giunta dell’Unione delle Camere Penali, presieduta da Giandomenico Caiazzo, con un recentissimo proclama che non lascia dubbio alcuno sulle motivazioni della protesta: si tratta di una decisione presa “a causa dell’inerzia del governo sulle riforme”. Questo sciopero dei penalisti, indetto da martedì 19 a venerdì 21 aprile, è la prima incisiva protesta che i professionisti della giustizia elaborano dall’insediamento del governo Meloni, che con provocante ironia si chiedono: “La preannunciata stagione delle riforme liberali della giustizia è già abortita?”. A sostegno di questa loro accusa, nella loro lettera aperta si legge: “Le riforme processuali urgenti richieste dalla avvocatura sono ignorate, mentre i diktat della magistratura sono prontamente eseguiti: rallentamento della riforma costituzionale della separazione delle carriere, congelamento delle riforme dell’ordinamento giudiziario sgradite alle toghe. E poi, carcere, carcere, carcere, ogni qual volta la cronaca e la ricerca del consenso ispirano e sollecitano il peggiore populismo penale”.
Stanti tali premesse, i pnalisti italiani dichiarano cghr “lanciano nel paese la mobilitazione per il rispetto degli impegni elettorali e parlamentari assunti dalla nuova maggioranza: subito tre giornate di astensione dalle udienze penali, per dare il via ad una nuova stagione di iniziative politiche in difesa del diritto penale liberale e del giusto processo”. Del resto, i penalisti non dimenticano che “già a dicembre scorso si è più volte ribadita la premura di istituire di un tavolo di confronto tra avvocatura e magistratura sulle più urgenti necessità di interventi modificativi della recente riforma”. L’obiettivo è sollecitare la soluzione di quelle che Caiazzo definisce “urgenze che esigono risposte serie, approfondite ma al tempo stesso rapide, con il pieno coinvolgimento della rappresentanza politica di avvocatura e magistratura”. In particolare, i penalisti ritengono “non più procrastinabile l’urgente necessità di intervenire sulla norma che subordina l’ammissibilità della impugnazione della sentenza a una pretestuosa rinnovazione della elezione di domicilio e addirittura – in caso di imputato assente in primo grado – al conferimento di un nuovo mandato difensivo”. Una norma, secondo le Camere penali, ispirata “dall’evidente intento di falcidiare soprattutto – come già sta accadendo quotidianamente nelle aule di giustizia – il diritto di appello nei processi con difensore di ufficio e dunque a carico dei soggetti socialmente più deboli e più difficilmente rintracciabili dal difensore”. Ma l’allarme non si ferma qui: “Non meno urgente”, sostengono gli avvocati penalisti, è “eliminare al più presto la asistematica novità della improcedibilità in grado di appello in luogo della prescrizione del reato”, proposito del resto già espresso anche in diversi atti ufficiali dai partiti di maggioranza, che vogliono eliminare lo stop alla prescrizione dopo il primo grado. Inoltre, i penalisti ribadiscono che sia “indispensabile una immediata e costruttiva riflessione sulla cosiddetta udienza pre-dibattimentale nei giudizi con rito monocratico”, al fine di depennare concretamente il rischio di “una organizzazione dei processi che, esigendo magistrati necessariamente diversi da coloro che sarebbero poi chiamati a celebrare l’eventuale giudizio di merito, finisca per consegnare la gran parte delle decisioni alla magistratura non togata”.
Allo sciopero di tre giorni si accompagnerà una manifestazione nazionale, indetta per il 21 aprile e che spera di trascinare in piazza i togati del diritto penale. Sembra proprio che la loro pazienza sia ormai esaurita: il famoso (o famigerato) tavolo promesso dal Ministro Nordio fin dal suo insediamento, che avrebbe dovuto riunire avvocatura, magistratura e accademia per individuare gli interventi necessari e urgenti di modifica della riforma Cartabia, non arriva. Peggio, questa impasse ha aggravato la situazione già compromessa della nostra giustizia, considerando quei pochi interventi concreti fin qui promossi e quei rallentamenti volutamente messi in atto: atti e fatti tutti concepiti solo a favore della magistratura.
Nella delibera di chiamata alle armi l’UCPI ricorda pure che “il gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia è l’unica forza di maggioranza a non aver presentato né la proposta di legge di iniziativa popolare delle Camere penali, facendola propria al pari di Lega e Azione-Italia Viva, né alcuna altra proposta”.
I penalisti mettono anche in evidenza “l’eclatante quanto paradossale contrasto tra le idee e i programmi di riforma liberale della giustizia penale che il ministro Carlo Nordio ha formalmente e solennemente annunciato in Parlamento, e che egli continua a ribadire e rivendicare – con sincera e profonda convinzione – in ogni occasione pubblica e di interlocuzione con l’avvocatura, e la quotidiana realtà di una politica giudiziaria, governativa e parlamentare, ispirata al più vieto populismo giustizialista e pronta, ancora più che nei precedenti governi, a dare ascolto e privilegiata priorità alle esigenze corporative e politiche della magistratura, la cui forza di condizionamento della macchina amministrativa ministeriale, tuttora dominata da magistrati ivi distaccati in spregio al principio della separazione dei poteri, lungi dall’essere finalmente ridimensionata come nei dichiarati propositi della nuova maggioranza politica, appare al contrario ulteriormente rafforzata”.
I penalisti italiani, pur ribadendo “senza riserve il proprio apprezzamento, la propria condivisione ed il proprio sostegno verso le idee riformiste del ministro Carlo Nordio, ed alla figura di giurista ed intellettuale liberale quale egli certamente è”, tuttavia “non possono più oltre ignorare come quelle idee e quei propositi riformisti appaiano osteggiati ed interdetti dalla stessa maggioranza che dovrebbe sostenerli”. Sono parole durissime quelle condivise dall’Unione che, stanca di continue promesse non mantenute, chiama a raccolta «il Consiglio nazionale forense, gli Ordini forensi territoriali e tutte le associazioni forensi italiane» per “esprimere il proprio sostegno, nelle forme che si riterranno opportune, a questa iniziativa di protesta e di mobilitazione civile”. Tutto ciò mentre la scadenza del PNRR si avvicina, della riforma della giustizia non si è scritta neanche mezza riga, Bruxelles sollecita e il nostro governo si occupa più di propaganda che di altro.
Allo sciopero di tre giorni si accompagnerà una manifestazione nazionale, indetta per il 21 aprile e che spera di trascinare in piazza i togati del diritto penale. Sembra proprio che la loro pazienza sia ormai esaurita: il famoso (o famigerato) tavolo promesso dal Ministro Nordio fin dal suo insediamento, che avrebbe dovuto riunire avvocatura, magistratura e accademia per individuare gli interventi necessari e urgenti di modifica della riforma Cartabia, non arriva. Peggio, questa impasse ha aggravato la situazione già compromessa della nostra giustizia, considerando quei pochi interventi concreti fin qui promossi e quei rallentamenti volutamente messi in atto: atti e fatti tutti concepiti solo a favore della magistratura.
Nella delibera di chiamata alle armi l’UCPI ricorda pure che “il gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia è l’unica forza di maggioranza a non aver presentato né la proposta di legge di iniziativa popolare delle Camere penali, facendola propria al pari di Lega e Azione-Italia Viva, né alcuna altra proposta”.
I penalisti mettono anche in evidenza “l’eclatante quanto paradossale contrasto tra le idee e i programmi di riforma liberale della giustizia penale che il ministro Carlo Nordio ha formalmente e solennemente annunciato in Parlamento, e che egli continua a ribadire e rivendicare – con sincera e profonda convinzione – in ogni occasione pubblica e di interlocuzione con l’avvocatura, e la quotidiana realtà di una politica giudiziaria, governativa e parlamentare, ispirata al più vieto populismo giustizialista e pronta, ancora più che nei precedenti governi, a dare ascolto e privilegiata priorità alle esigenze corporative e politiche della magistratura, la cui forza di condizionamento della macchina amministrativa ministeriale, tuttora dominata da magistrati ivi distaccati in spregio al principio della separazione dei poteri, lungi dall’essere finalmente ridimensionata come nei dichiarati propositi della nuova maggioranza politica, appare al contrario ulteriormente rafforzata”.
I penalisti italiani, pur ribadendo “senza riserve il proprio apprezzamento, la propria condivisione ed il proprio sostegno verso le idee riformiste del ministro Carlo Nordio, ed alla figura di giurista ed intellettuale liberale quale egli certamente è”, tuttavia “non possono più oltre ignorare come quelle idee e quei propositi riformisti appaiano osteggiati ed interdetti dalla stessa maggioranza che dovrebbe sostenerli”. Sono parole durissime quelle condivise dall’Unione che, stanca di continue promesse non mantenute, chiama a raccolta «il Consiglio nazionale forense, gli Ordini forensi territoriali e tutte le associazioni forensi italiane» per “esprimere il proprio sostegno, nelle forme che si riterranno opportune, a questa iniziativa di protesta e di mobilitazione civile”. Tutto ciò mentre la scadenza del PNRR si avvicina, della riforma della giustizia non si è scritta neanche mezza riga, Bruxelles sollecita e il nostro governo si occupa più di propaganda che di altro.