Alessandro Perelli.
La riforma delle pensioni in Francia è legge ma nei prossimi giorni si vedrà se Emmanuel Macron ha fatto bene i suoi calcoli. Questo è quanto si può commentare dopo che il Governo (rispettando la volontà del Presidente) ha deciso di ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione per approvare il testo che da settimane aveva provocato scioperi generali e manifestazioni di protesta in tutto il Paese. L’articolo in questione consente all’Esecutivo di fare approvare la norma senza passare dal voto del Parlamento. La Premier Elisabeth Borne ha preso questa decisione in quanto, all’interno dell’Assemblea nazionale, sarebbero state possibili imboscate con rappresentanti della maggioranza e dei gollisti (che ufficialmente appoggiavano la riforma) che avrebbero potuto votare a sfavore. In precedenza il Senato (dove, nei numeri, il Governo non corre pericoli), aveva adottato la riforma, che prevede l’innalzamento di età pensionabile da 62 a 64 anni, con 192 voti a favore, 114 contrari e 38 astenuti. Questi i fatti. Ma quale è il significato politico di tutto ciò? Innanzitutto Macron e la Borne si esporranno, nei prossimi giorni a delle mozioni di sfiducia che all’interno dell’Assemblea i gruppi di opposizione presenteranno. Marine Le Pen, a nome del Rassemblement National, lo ha già annunciato e lo stesso si prepara a fare per la sinistra Jean Luc Melenchon con la concreta possibilità che ci sia un’azione comune. È vero che un voto di fiducia è una cosa diversa dal voto di un singolo provvedimento, è vero che, per ragioni diverse, all’interno del Parlamento non vi è gran voglia di elezioni anticipate che sarebbero inevitabili se il Governo andasse in minoranza, ma l’occasione sembra particolarmente ghiotta per mettere in seria difficoltà Macron , Capo della Stato dal 2017. I sindacati hanno annunciato nuove mobilitazioni. La Cfdt, Confederation francaise du travail, ha emesso una dura presa di posizione in cui afferma che il Governo, ricorrendo all’art.49.3 ha dimostrato di non avere la maggioranza per far approvare la riforma delle pensioni che, dai sondaggi e dalle proteste in corso, dimostra ampiamente di non godere del consenso dei francesi. Subito dopo la seduta dell’Assemblea nazionale, migliaia di persone si sono ritrovate in Place de Concorde, nella capitale, per una manifestazione inizialmente non autorizzata dalla questura che poi ha chiuso lun occhio permettendone lo svolgimento. In aula la Premier Borne ha accusato l’opposizione di puntare al dissesto economico dello Stato e ha proseguito il suo discorso tra fischi e urla e il canto da parte di molti parlamentari della Marsigliese. Elisabeth Borne non è stata esente da colpe: a lei viene imputato il fatto di essersi comportata come una funzionaria e una burocrate piuttosto che una politica di razza e di non aver avuto la capacità di gestire delle trattative parlamentari complesse non avendo alla fine garanzie sul consenso totale dei gollisti. Ma la figura chiave per comprendere l’attuale stato di cose è ancora una volta quella di Emmanuel Macron. Intendiamoci: non è infatti lui che rischia. Il suo posto da Presidente della Repubblica non è in discussione. Per lui in fondo vale quel vecchio slogan pubblicitario italiano “O così o Pomi” entrato nel linguaggio di tutti i giorni come un modo di dire. Dove per Pomi non si intende ovviamente la marca di un pomodoro pelato ma le elezioni politiche anticipate. L’impressione è che Macron giochi la sua carta fino in fondo convinto, anche se questo fosse l’esito, di poter riguadagnare per la maggioranza che lo sosterrà politicamente la fiducia dei francesi magari meno condizionata dalla ristrettezza dei numeri. E non lo hanno fatto cambiare idea la ripresa dei disordini sociali subito dopo l’utilizzo dell’ art 49.3 per fare diventare legge la riforma delle pensioni e i duecento arresti fatti dalle forze dell’ordine a Parigi dopo le cariche ai manifestanti.