Ho letto dichiarazioni irresponsabili, a proposito del caso Vannacci, sul tema della libertà di opinione. Scrivere che una persona di colore, anche se italiana, non rappresenta l’italianità, in quanto opinione soggettiva, rappresenterebbe l’espressione di un libero pensiero che, in quanto tale, non andrebbe censurato. Anche se richiamato da un generale dell’esercito della Repubblica italiana, ovvero in fondo da un dipendente dello stato, al pari di un insegnante, di un giornalista Rai, di un dirigente di un ministero, di una regione, di un comune. Osservo che, come scrive opportunamente il filosofo liberale Karl Popper, non esiste la libertà assoluta. La libertà, infatti, in qualsiasi sistema liberale, é sempre regolata da leggi, e dunque sempre limitata. Dal dibattito paradossale di due filosofi settecenteschi incentrato sul fatto se la libertà fosse anche quella di dare l’uno un pugno sul naso dell’altro si stabilì che la libertà dell’uno finisce dove comincia il naso dell’altro. Ma neanche sul piano dell’espressione del pensiero la libertà é assoluta. Pensiamo a un insegnante che sostiene il diritto di Hitler a gasare gli ebrei, o quella di un altro che ritiene giustificati i crimini di Stalin. Lo stato non dovrebbe intervenire per sospendere chi forma i giovani a questi aberranti insegnamenti? Tornando a Popper ne cito una dichiarazione, che suffraga la sua idiosincrasia rispetto alla libertà, tra le altre, della televisione. In un’intervista apparsa post mortem, quando gli venne fatto notare che era paradossale che un liberale come lui affermasse la necessità di limitare la libertà di espressione, Popper rispose in questo modo: “Devo confessare che faccio fatica a capire queste obiezioni. Perché dovrebbe essere antiliberale o paradossale per un liberale come me affermare la necessità di limitare la libertà? Ogni libertà deve essere limitata. Non esiste libertà che non abbia bisogno di essere limitata. Dovunque ci sia libertà, la miglior forma di limitazione è quella che risulta dalla responsabilità dell’uomo che agisce, se è un irresponsabile cadrà sotto i colpi della legge. Tutti quelli che invocano la libertà, l’indipendenza o il liberalismo per dire che non si possono introdurre delle limitazioni sono degli imbroglioni che vogliono arricchirsi con lo spettacolo della violenza, educando alla violenza”. Evidente che la libertà, anche sotto il profilo dell’esercizio di un pensiero, non possa essere illimitata, al pari della tolleranza che va invece difesa con intolleranza dagli intolleranti (lo riprendo ancora da Popper) che rischiano di distruggerla. Ho scritto questa digressione per affermare che un uomo in una democrazia liberale non può dire e scrivere quel che gli pare. Che ci sono vincoli sanciti dalle leggi e dalla Costituzione. Che questo, a maggior ragione, riguarda i più alti rappresentanti delle istituzioni educative, anche militari, i quali col loro esempio formano migliaia di giovani,. E che, dunque, é assolutamente liberale difendere i principi liberali dal razzismo e dai suoi rappresentanti. Illiberale sarebbe permettere, come sostiene Donzelli, l’estremista fiorentino posto a capo del gruppo del maggior partito italiano alla Camera, che il razzismo si diffondesse senza reagire. Ogni assolutismo violento che propone idee intolleranti va combattuto. Ma c’é troppa gente in Italia che ne combatte uno per coprire quell’altro. Vero Donzelli, che lanciasti strali sulla professoressa di Firenze che incitava all’antifascismo? Da tutte le intrusioni assolutiste, razziste, violente, una democrazia ha il dovere di difendersi. Senza paura, senza tentennamenti.
- Associazione socialista liberale
- Cose di provincia
- Dai teatri e altro
- Dal mondo
- Economia e Lavoro
- Il Mondo è Bello perché è Avariato
- Giustizia
- Il Corriere della Pera
- Il senno del post
- In evidenza
- Istituzioni e territorio
- L’editoriale
- L’occhiodelbue
- Parliamo di noi
- Pillole di cultura
- Politica
- Politique d’abord
- Prampoliniana
- Prima pagina
- Redazione
- Route El Fawari
- Sanita
- Sorpasso
- Sport in pillole
- Storia socialista
- Suffrangetta

Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.
16 commenti
Perfetto
Dal momento che viene qui richiamata la Costituzione, il suo art. 21 sembra essere piuttosto chiaro e lapidario, laddove dice che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, poi sono intervenute leggi ordinarie a circoscrivere un tale diritto – con riferimento a taluni suoi aspetti – e alle quali dobbiamo ovviamente attenerci, ma nella gerarchia delle norme quelle costituzionali dovrebbero essere comunque di rango superiore (mi esprimo in ogni caso al condizionale, da inesperto qual sono di giurisprudenza).
Mi permetto poi di trovare poco o nulla calzante l’esempio del pugno sul naso, trattandosi di azione materiale mentre qui stiamo parlando solo ed esclusivamente di idee e pensieri, ossia qualcosa del tutto immateriale, che non può “ferire”, ma al cui riguardo viene nondimeno evocato o ventilato il rischio che possa tradursi in cattivo e deleterio insegnamento, o in una sorta di “istigazione”, ma tale rischio può oggettivamente corrersi ogniqualvolta esponiamo una nostra idea, visto che non sappiamo come verrà interpretata, e cosa possa semmai indurre in chi ci ascolta, o ci legge..
Bisognerebbe allora selezionare gli argomenti che possiamo trattare, e il modo con cui è concesso farlo, ma mi sembrerebbe un meccanismo piuttosto complicato, oltre che irrealistico e poco democratico, oppure stabilire che certe categorie non devono cimentarsi con determinate materie, salvo poi vedersela col predetto diritto costituzionale, senza contare che le idee “represse” o marginalizzate possono avere un andamento carsico fino a riemergere inaspettatamente, e trovare casomai rappresentanza in una nuova forza politica, che difficilmente, io credo, potrebbe essere messa fuorilegge,
Infatti, per quanto ne so, la Carta vieta soltanto la riorganizzazione del disciolto partito fascista (art. XII delle norme transitorie e finali), e io ritengo in ogni caso che sia preferibile confrontarsi e anche scontrarsi con le idee che non condividiamo, motivando la nostra contrarietà, anziché “ghettizzarle” e far sì che vadano a rendersi “invisibili”, per poi ritornare semmai in scena rafforzate dal mancato contraddittorio, e infine, se hanno libera circolazione le tesi opposte a quelle del Generale, mi chiedo perché mai le sue non possano avere eguale “agibilità” (in nome della pari dignità cui spesso ci appelliamo).
Paolo Bolognesi 20.08.2023
Ma Paolo. Ma cosa dici. Parliamo di un generale dell”esetcito che propone idee razziste. Secondo te è legittimo in nome della libertà di opinione. Ho spiegato che la libertà ha delle regole, citando anche il campione del liberalismo Karl Popper. Diresti la stessa cosa di un insegnante che sostiene che le foibe non sono mai esistite e sono una montatura dei fascisti? Un generale poi non dovrebbe manifestare alcuna idea politica. E’ un cspo di un corpo militare armato. Ci mancherebbe solo questo…
Io lo ho ritenuto inopportuno, per quanto riguarda l’aspetto politico o partitico lo valuteremo quando sarà il momento, perchè viviamo in una società divisa come mai che come dice il dr. De Rita questa è la società del presente che non conosce il passato vive alla giornata e non si preoccupa del futuro. Io sbaglierò ma ho ancora il concetto di una classe dirigente che abbia cautela nell’esporre il proprio pensiero, in assoluta libertà, ma con la consapevolezza di fare opinione in un mondo che si comporta come una curva calcistica. Un ufficiale di alto grado è classe dirigente ed opera in un contesto ancora più delicato dove bisogna tenere uniti i propri dipendenti attorno ai valori più alti della nostra Costituzione repubblicana che come lei ben sa :”Articolo 98
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità.
Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero[cfr. art. 49].Ecco perchè io con le stellette ho il dovere di applicare anche lo spirito di questo articolo anche se non ne fa obbligo perchè parla di iscrizione a partiti ma per un dirigente sottintende uno stile di vita. Siamo ancora in uno stato Libero e questo mi permette di esprimere il mio modesto pensiero. Volutamente mi astengo a citare gli articoli della Costituzione che in maniera esemplare descrivono diritti e doveri e li qualcosa di troppo è stato violato. Ma questa è un’altra storia che non vale intrattenere su FB ma se avessi le persone di fronte illustrerei con dovizia di particolari perchè sono stati lesi. Purtroppo la odierna società è molto più fragile di allora e così la coesione sociale. Per questo si chiede alla classe dirigente più attenzione, sobrietà e meno protagonismo personale. Poi molti di questi che parlano male della politica li troviamo regolarmente candidati alle prossime elezioni politiche.
Non sta certo a me, e credo a quanti tra noi stanno ragionando del caso, stabilire se nella fattispecie si sia contravvenuto alla legge 205/1993, ma fuori da tale sfera, nel sentir citare la nostra Costituzione, non posso che guardare, in questa circostanza, al suo art. 21, il quale a me sembra parlar piuttosto chiaro, salvo l’averlo frainteso.
Riguardo alle Foibe, non sono mancate che io ricordi le posizioni negazioniste, tanto che per lungo tempo non si è parlato di quei tragici accadimenti, e se un Generale non dovrebbe manifestare alcuna idea politica, mi chiedo perché mai in altro delicato settore della pubblica amministrazione, alcuni mesi fa, si invitava all’antifascismo.
Non si tratta, lo ribadisco ancora, di sposare le tesi del Generale, bensì di accordargli l’esercizio di un diritto – cioè la manifestazione del proprio pensiero – che altri si sono presi, trovando semmai sponda tra le fila della sinistra, e se la cautela sarebbe opportuna da parte di chi ricopre determinati incarichi – mutuando il concetto di Giovanni Crema – bisognerebbe allora stabilire per chi far valere tale principio.
Nel senso che andrebbe stabilito quali sono le categorie dalle quali pretendere una tale cautela – sempreché non si leda un diritto costituzionale – onde evitare che di volta in volta una parte o l’altra punti ad individuare un capro espiatorio, su cui concentrare “strigliate e reprimende”, a seconda delle rispettive appartenenze o simpatie politiche (questa circostanza potrebbe dare lo spunto per regolare la materia).
Paolo Bolognesi 21.08.2023
Donzelli e il suo partito hanno sbraitato sulla professoressa che invitava all’antifascismo. Mi pare, con tutta l’obiettività possibile, che inneggiare all’antifascismo non sia paragonabile ad esprimere idee razziste. Per me e per la tradizione da cui derivo, e dalla quale derivi anche tu, il razzismo é un reato. Anche i razzisti possono manifestare le loro opinioni? Di più. Anche i nazisti lo possono fare? Anche l’esaltazione dello sterminio degli ebrei é un’opinione da tutelare? Ripeto. Se un insegnante dicesse quel che ha scritto questo generale, e cioè che un omosessuale é un anormale e che un nero non può rappresentare l’italianità tu lo tuteleresti in base alla libertá d’opinione? Io derivo dalle grandi lotte per i diritti civili e per la laicità dello stato. Sono stato con Fortuna e Pannella. Non esiste la libertà assoluta. Esiste la libertá di pensarla diversamente. Non la libertà di propagandare idee intolleranti, violente, sopraffatrici.
Salvo essermi illuso, ma non lo credo, o quantomeno lo spero, io mi sono allora riconosciuto in una tradizione politica intrisa di garantismo vero – praticato a 360 gradi – e che, se la memoria regge ancora, non cercava di silenziare le opinioni altrui, diverse o finanche contrarie e lontane rispetto alle proprie, ma le fronteggiava adducendo opposte argomentazioni (non era, per intenderci, un superbo NO a prescindere).
In quella cultura politica mancava totalmente, che io ricordi, la “demonizzazione” dell’avversario, una prassi che, come socialisti, abbiamo poi conosciuto direttamente, e che abbiamo visto perpetuarsi e ripetersi, tanto che da Tangentopoli in avanti ho sempre cercato di tenermi a debita distanza da chi aveva applicato un garantismo a senso unico (memore, io, della celebre massima che il lupo perde il pelo ma non il vizio).
Tu dici, Direttore, che inneggiare all’antifascismo non è paragonabile all’esprimere idee razziste, ma proviamo entrambi ad immaginare che cosa succederebbe se un insegnante magnificasse l’anticomunismo, posto che il tuo eloquente articolo di una settimana fa, dal titolo “Antifascismo e anticomunismo”, fotografa una situazione dalla quale si evince che nel Belpaese non è la stessa cosa dichiararsi antifascisti o anticomunisti.
Mi chiedo peraltro dove vada a finire la libera manifestazione delle proprie idee se c’è chi può “selezionare” un tale diritto, e quanti hanno chiamato in causa il ruolo del Generale per reclamare una sua cautela di fronte ad argomenti controversi, a me sembrano aver aperto la strada ad eventuali pronunciamenti analoghi da parte di chi non ricopre particolari incarichi (vedremo cosa succederà se questo dovesse semmai accadere).
Da ultimo, se “esiste la libertà di pensarla diversamente”, come conclude il Direttore, non vedo quale vera libertà possa essere se non possiamo dirlo, se cioè dobbiamo autocensurarci tenendoci per noi quanto pensiamo, a meno di ritenere che vi siano argomenti per loro natura “tabù”, il cui solo affrontarli può venir inteso come malaccetta azione di propaganda (se fosse così, mi domanderei che tipo di garantismo sia).
Paolo Bolognesi 22.08.2023
Uffa, ma possibile non tenere conto banalmente di come si possono sentire reclute e sottoposti agli ordini di un generale che non ha remore a esprimere idee da osteria, banalmente ‘fasciste’ se putacaso sono di colore, omosessuali, di sesso femminile, appartengono a una qualunque ‘minoranza’ e non votano Lega e Fdi?
È un generale in attività, non in pensione, se pure confinato dietro una scrivania immagino anche per la totale assenza di empatia che dimostra unita a una cospicua mancanza di cultura.
E comunque, la nostra Costituzione non è composta dal solo arti.21.
Mi piacerebbe che questo clamore polemico fosse stato riservato a questioni diverse come lo stato della sanità pubblica, la ricercata divaricazione crescente tra lavoratori e pensionati da una parte e autonomi e imprenditori dall’altra in tema fiscale, l’assenza di programmi per l’istruzione… insomma cose più concrete per il nostro futuro che non la campagna elettorale di Salvini tramite generali da osteria.
Lavoro reazionario che si oppone alle conquiste sociali e di emancipazione ottenute in tanti anni con altrettante fatiche. Da stratega ha fatto una operazione strategica in un clima tornato favorevole allo scopo di strumentalizzare la risonanza del caso per utilizzarlo verso ad una prossima carriera politica. Ricordate il caso di Antonio di Pietro?
Il nuovo codice dell’Ordinamento della Difesa in effetti è datato 2010 e comprende ben 2272 articoli. La “Libertà di manifestazione del pensiero” per i militari è contemplata dall’articolo 1472, in vigore dal 27 marzo 2012, che così recita:
1. I militari possono liberamente pubblicare i loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio, per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione.
2. Essi possono, inoltre, trattenere presso di sé, nei luoghi di servizio, qualsiasi libro, giornale o altra pubblicazione periodica.
3. Nei casi previsti dal presente articolo resta fermo il divieto di propaganda politica.
Secondo il regolamento, sopra riportato il generale aveva il “diritto” di scrivere il suo libro ( che non ho letto e che non alcuna intenzione di leggere)- Quindi l’averlo fatto è ( o non è) una questione di opportunità?
Nel commento all’articolo del Direttore sul riscrivere la storia, in data 10 agosto, l’Autore di quelle righe ci ricordava, credo non a torto, che in questo Paese non si è fatto mai fino in fondo i conti col fascismo né mai, purtroppo, col comunismo, .e a me verrebbe di aggiungere che una tale “rimozione” riguarda diverse altre tematiche “scomode”, per le quali vale soltanto una narrazione “allineata”, e inconfutabile (e ogni altra versione diventa sgradita e malaccetta, nonché respinta a prescindere).
Il che impedisce in buona sostanza di “fare i conti” con determinate problematiche, dal momento che viene già data per scontata la maniera con cui affrontarle, insieme alla risposta da dare, ma questo atteggiamento “unidirezionale” mi sembra poco adatto a gestire questioni dalle tante facce, e sfaccettature, e lo vedrei molto assimilabile alla lettura abbastanza unilaterale di fatti storici talora complessi, e controversi, che richiederebbero un approccio meno rigido, e in fondo più laico.
In uno degli ultimi commenti mi par di notare una certa qual insofferenza di fronte al “clamore” suscitato dal libro del Generale, ma non molto tempo fa fece scalpore la proposta di introdurre il reato di negazionismo climatico, venuta dalla sponda sinistra del panorama politico, ma poi quella proposta venne declassata ad una provocazione, volta a sensibilizzarci in materia ambientale, e tutto ebbe a finire lì, e non vedo perché mai non si possa pensare altrettanto del libro in causa (in nome della equivalenza).
Paolo Bolognesi 23.08.2023
Quanto scrive Mario Giulianati mi sembra portare un contributo importante, se non dirimente, per inquadrare al meglio la vicenda, posto che, se passa ad essere una questione di opportunità, credo spetti all’interessato, e a lui soltanto, di decidere se trattare determinati argomenti, in una col modo con cui farlo, e riguardo al divieto di propaganda politica, non vorrei che se qualcuno elogia ad esempio la famiglia tradizionale, possa venir tacciato di voler favorire la destra – oltre a guadagnarsi semmai critiche per il non essersi evoluto, o non essere in sintonia coi tempi – mentre se avviene invece il contrario siamo semplicemente di fronte a libere ed emancipate opinioni in materia di tematiche sociali, opinioni che nulla hanno a che fare con la politica (tesi, quest’ultima, che mi sembrerebbe vacillare un po’, e poco equidistante).
Circa le “idee da osteria, banalmente fasciste”, io ci andrei piano ad etichettare come progenie o propaggine del Ventennio, o qualcosa del genere, ogni linguaggio che non ci va a genio, sembrandomi un logoro “gridare al lupo” destinato a diventare sempre meno credibile, e a quanti piacerebbe che il clamore polemico fosse riservato alla sanità, fiscalità, istruzione ….., verrebbe abbastanza spontaneo rispondere che in questo caso il rumore è arrivato in particolare dal versante politico che è stato a lungo nella “stanza dei bottoni”, lasciandosi nondimeno dietro una scia di “questioni aperte” – probabilmente di soluzione complessa – dopo di che, se le tre tematiche sopraelencate, alla stregua di altre similari, sono estranee al dibattito che ne è nato, significa verosimilmente che il libro in discorso non aveva intenti e finalità politiche.
Paolo Bolognesi 24.08.2023
A parte il fatto che la tradizione socialista era intrisa dei valori dell’antifascismo e che Nenni e il padre di Craxi, nonché Riccardo Lombardi a cui se non ricordo male tu ti ispiravi, combatterono il nazifascismo rischiando le loro vite, non esiste la libertà di espressione assoluta. Non esiste la libertà di offendere nè di propagandare idee violente. Questo generale propone idee razziste. Per lui un bianco non è uguale a un nero. Ma lasciamo anche perdere questo. Chi gli ha mai impedito di pubblicare un libro che oggi è in testa alle classifiche? Si tratta solo di verificare se uno che ha idee razziste può fare il generale dell’esercito italiano che è fondato sulla parità di diritti di tutti gli uomini. Per me no.
Mi trovi ancora da cordo: ” Si tratta solo di verificare se uno che ha idee razziste può fare il generale dell’esercito italiano che è fondato sulla parità di diritti di tutti gli uomini.”
Però comincia a venirmi un sospetto.
Come mai un generale pluridecorato è finito dietro una scrivania? Ha forse pagato la sua denuncia sui danni dell’uranio impoverito che è costata carissima sia in termini di credibilità che di denaro alle nostre istituzioni?
Allora forse il libro del nostro generale non è scaturito solo dal desiderio insopprimibile di scrivere e fare stampare chiacchiere da osteria leghista e nostalgia per i tempi che furono quando c’era LUI, ma anche dalla voglia di vendicarsi per la retrocessione seminando anche, qua e là, certe frasette sul comportamento dei nostri militari che non portavano “solo caramelle” agli afgani. Velate minacce?
Il ministro della difesa di allora era Mattarella.
Il generale sa quello che fa o è strumento (inconsapevole?) di un’altra azione politica?
Insomma, ‘utile idiota” oltre che nostalgico del tempo che fu?
Non voglio certo polemizzare col Direttore che ci ha dato maniera di poter esprimere i nostri rispettivi punti di vista in argomento (per quanto mi riguarda in forma peraltro abbondante), ma non credo che dobbiamo misurare la dose di autentico antifascismo che ciascuno di noi si porta dentro, anche perché si narra che all’epoca non mancò l’antifascismo dell’ultima ora, manifestato talora in maniera vistosa – forse nel tentativo di riscattarsi più in fretta – pur se non è naturalmente il nostro caso, non fossa’altro che per ragioni anagrafiche (né, ovviamente, quello delle personalità citate).
Il problema, a mio giudizio, esula comunque da tale sentimento individuale, per indirizzarsi invece sul libro del Generale, al cui riguardo sembra intanto assodato che non sussistessero limitazioni o divieti da parte del codice militare, e circa l’idoneità a ricoprire ancora funzioni di comando si esprimeranno eventualmente gli organismi all’uopo preposti, almeno lo suppongo, così come ognuno di noi potrà avanzare ipotesi sulle ragioni del libro, mentre resta da comprendere quale sia la misura dell’approvazione che possono riscuotere le idee che l’interessato ho ritenuto di pubblicare.
A me sembra che quest’ultimo aspetto vada tenuto alquanto presente, o non possa essere quantomeno sottovalutato, al di là della nostra personale opinione sulla vicenda, non potendosi impedire all’uno o altro di noi di condividere nel proprio intimo quelle idee, e di sentirsi rappresentato da chi ha ritenuto di affidarle ad un libro, anche perché, con molta probabilità, quanti provano detta condivisione cercheranno ad ogni modo chi possa farsene portavoce, a meno di ritenere che sono idee non meritevoli di alcuna rappresentanza, ma un tal pensiero mi parrebbe molto elitario (e supponente).
Paolo Bolognesi 25.08.2023
Nemmeno io credo che una persona di etnia africana o asiatica o che comunque denota caratteristiche fisiche non tipiche caucasiche-italiche rappresenti l’italianità.
E non lo farà per i prossimi decenni.
Questo mi rende razzista? Sì, ma solo agli occhi di coloro che forse hanno girato poco l’Europa, e oserei dire il mondo e forse vivono pure di misteriosi sensi di colpa. Poco male dunque.
L’Italia, al contrario degli Stati Uniti non è una nazione costruita a misura di immigrati che fino a pochi decenni fa venivano incoraggiati (e in parte anche ora con la mirabolante promessa della lotteria della Green card) ad andare a popolare quei luoghi sconfinati.
L’Italia è basata su un’etnia ben precisa che da sempre ha guarda caso caratteristiche caucasiche e non africane o asiatiche o altri fenotipi, da qui lo “ius sanguinis”. Altrimenti avremmo lo ius soli come negli States.
Io ho vissuto tanti anni in paesi nord europei, non mi sono mai sognata di definirmi cittadina di tali paesi e nessun autoctono si è mai sognato di definirmi cittadina del suo paese.
Questa è roba tutta italiana, di nessun altro paese al mondo. Provate a fare questi discorsi in Grecia, Serbia, Ucraina e Inghilterra e vedete le risposte. O in Cina. O in Giappone.
E no, non siamo migliori di loro in quanto più aperti e accoglienti.
Siamo solo un popolo alla deriva e senza alcuna identità che è terrorizzato dall’averne una in quanto hanno inculcato alla gente l’idea che l’identità sia cosa malvagia e fascista.
Mala tempora currunt.