di Alessandro Palumbo, Presidente Centro Studi Morris L. Ghezzi
Quello che sta succedendo nel mondo ci impone una riflessione quanto più possibile lucida per cercare di capire fino in fondo cosa c’è in gioco. Nel giro di poco tempo abbiamo assistito alla aggressione russa ad un Paese Europeo con morti, distruzioni e veri e propri crimini di guerra, in Africa in Niger e in Gabon sono stati rovesciati i governi civili ed insediati giunte militai tra un tripudio di bandiere russe, pochi anni prima la stessa cosa era successa in Mali. Nel frattempo Siria e Libano semidistrutte sono asservite ai russi, la Turchia è presente a Cipro e in Libia mentrein Yemen infuria ancora la guerra dopo un finto cessate il fuoco. Gli azeri hanno cacciato più di 100.000 armeni dal Nagorno, i curdi sono ancora discriminati. In tutto questo si è inserito prepotentemente il Medio Oriente con la strage di 1500 civili ad opera di Hamas in Israele, alla quale è seguita l’operazione militare in Gaza con le conseguenze immaginabili di creare un fronte antiebraico in tutti i Paesi islamici.
In occidente, passata in pochissimo tempo l’emozione per la strage di Hamas, impazzano le manifestazioni pro Palestina che sono oggettivamente un sostegno ad Hamas. Cosa lega tutti questi avvenimenti? Un attacco violentissimo all’Occidente, non solo ai suoi interessi più o meno legittimi, ma alla sua cultura liberale e alla sua visione aperta del mondo. Gli Stati Uniti sono in chiara difficoltà geopolitica accerchiati da una coalizione antioccidentale guidata in prima linea dalla Russia dell’autocrate Putin, ma in realtà con alle spalle il colosso cinese che ha ormai invaso economicamente l’Africa e la stessa Europa.
Una politica miope statunitense e una Europa incapace di darsi una visione politica hanno creato queste condizioni geopolitiche, ma il dato che più impressiona e che ci fa pensare ad un momento difficilissimo per l’intero mondo occidentale e la sua cultura è l’impressionante sentimento antioccidentale che si annida all’interno dei nostri Paesi. Un primo esempio lo abbiamo avuto con la invasione russa dell’Ucraina, quando abbiamo visto timide manifestazioni a favore dell’Ucraina e una larga parte dell’opinione pubblica filorussa e poi a un crescente fastidio per la resistenza ucraina, ma il dato più impressionante sono le manifestazioni in tutto il mondo libero di accusa di Israele con veri e propri scoppi di odio nei confronti dell’unica democrazia dell’occidente che sta lottando per la propria sopravvivenza. Queste manifestazioni sono accompagnate da una costruzione mediatica in cui le ragioni palestinesi sono utilizzate come elemento giustificativo del massacro di Hamas, con un malinteso senso della libertà di stampa (ve lo immaginate Goebbels che interviene alla tv britannica durante la seconda guerra mondiale?).
L’ultimo dato inquietante è la posizione della Chiesa Cattolica sempre meno interessata all’aldilà e sempre più impregnata di una visione “peronista” antioccidentale. Come è possibile che nelle nostre città gli stessi che si indignano per la mancata approvazione del decreto Zan guardino con simpatia ad un personaggio come Putin che è uso uccidere i suoi avversari politici e ad Hamas formazione non solo terroristica, ma misogina, omofoba e integralista? In questa situazione gioca sicuramente un ruolo l’antisemitismo sempre strisciante e un ipocrita pauperismo propagandato a piene mani dalla Chiesa e dai vari populismi che si nutrono di una invidia sociale Una miscela esplosiva in cui l’antagonismo sociale in una società sempre più diseguale ha sicuramente il suo ruolo.
Il mondo occidentale, in particolare le giovani generazioni sono soggiocate dalla cancel culture e dalla cultura woke, entrambe incapaci di considerare i contesti storici con i relativi progressi, negando così lo stesso concetto di progresso, e con una visione manichea che vede i ricchi occidentali colpevoli per definizione e chi ancora non ha raggiunto la ricchezza come sempre dalla parte della ragione. A questo si aggiunge un profondo individualismo che rende inconcepibile combattere per la libertà, chi non ricorda lo slogan meglio rossi che morti, così si giustificano le richieste ad Ucraina di arrendersi o a Israele a rinunciare a difendersi. A questo si aggiunge la incapacità delle giovani generazioni di concepire il compromesso come valore positivo che aiuta la convivenza di culture e situazioni diverse, per cui tutto è nero o bianco, buiono o cattivo. Non c’è dubbio però che parte della responsabilità è nel cinismo utilizzato dalle nostre democrazie nei rapporti internazionali, che va ben al di la del compromesso, mettendo in primo piano gli interessi economici e in secondo piano i valori che reggono il nostro mondo, rendendo questi valori sempre meno spendibili.
Se passiamo ad analizzare nello specifico il nostro Paese il propellente più forte è la ignoranza che ormai è il vero patrimonio delle persone e principalmente dei nostri giovani. Il 60% delle persone non legge un libro, percentuale che sale nei giovani, la scuola è disastrata, la formazione e la informazione viaggia sui social che sono infestati di fake, la stampa e la tv rincorrono l’audience, che incrementa la pubblicità, dando spazio a personaggi alla Orsini o alla Basile, con una informazione che non approfondisce, delle 300.000 parole disponibili nel lessico italiano ne usiamo mediamente 2000, numero che secondo i glottologi non sono sufficienti per un pensiero profondo. Da questa ignoranza, mescolata all’antagonismo e al pauperismo nasce un disagio culturale che crea le condizioni per essere strumenti di una propaganda antioccidentale.
Intendiamoci la cultura illiberale è sempre stata presente nel nostro mondo, ma una volta si nutriva di una ideologia strutturata e di miti “alti” basti pensare all’irrazionalismo o al marxismo, ora invece si nutre di complottismo, di totale ignoranza della storia, delle situazioni, della realtà, non a caso alle manifestazioni propal partecipano neofascisti, novax, populisti grillini e vecchi reduci di mancate rivoluzioni. L’Occidente è assediato da fuori, con Hamas che di fatto ha vinto la sua battaglia di marketing e dall’interno, in preda alla cancel culture e al pensiero woke frutto dell’ignoranza.
Come uscirne? Il primo strumento è nelle mani dei nostri governanti che devono abbandonare il cinismo nelle relazioni internazionali e la visione orientata al denaro ridando importanza ai nostri valori, creando le condizioni per cui si dia risposta ai meriti e ai bisogni e fare un grosso investimento sulla cultura e sulla formazione, ridando prestigio al senso di una solida preparazione. Un programma utopico forse e sicuramente di lunga scadenza, ma se l’Occidente vuole uscire dal suo isolamento deve muoversi in questo senso, nel frattempo tenere duro, che vuol dire banalmente combattere per l’Ucraina e per Israele senza se e senza ma, senza spaventarsi e forti delle nostre buone ragioni.
“in un momento di inganno dire la verità è un atto rivoluzionario” – George Orwell