Erano le 8,45 (14,45 in Italia) di 22 anni fa ed era una bella e soleggiata giornata newyorkese.
Era un martedì del 2001 e gli abitanti della grande mela avevano già inondato le strade per affrettarsi al lavoro, una grande marea di minuscoli animaletti all’interno di un enorme formicaio.
Sì, era proprio così, era un brulicare universale di persone che dopo aver affollato le strade stavano riempiendo gli uffici.
E nessuno si insospettì di quell’aereo che volava basso sui grattacieli planando dolcemente in un seducente valzer tra le guglie altissime di quelle splendide cattedrali del progresso.
All’improvviso lo schianto, il boato e quella coda bianca che spuntava penzoloni dalla enorme parete vetrata di una delle due torri del Word Trade Center.
Le immagini rimbalzarono subito in tutto il mondo ma nessuno le associò a quella verità che emerse drammatica un quarto d’ora dopo.
E accadde tutto in diretta perché ormai centinaia di telecamere puntavano quella torre ferita.
Alle 9,05 spuntò, nelle cornici dei televisori di tutto il mondo, quel secondo aereo, anch’esso in planata dolce, anch’esso danzando tra le vette in vetro, acciaio e cemento della metropoli americana.
Entrò nella parete della seconda della due torri gemelle con la stessa morbidezza con la quale un coltello fende un trancio di burro per guarnire una tartina.
E fu in quel momento che la verità esplose nello stomaco dell’umanità come un ordigno nucleare.
Non un incidente, non un guasto, non un malore dei piloti.
Un attentato, di quelli devastanti, di quelli mai visti prima, di quelli ai quali nessuno aveva mai pensato neanche nella più fervida immaginazione di uno scenografo di action-movie.
Qualcuno voleva colpire e stupire con una crudeltà assoluta.
Voleva vittime e voleva il terrore. Voleva dimostrare che nessuno, ma proprio nessuno, neanche gli americani con i più potenti sistema di difesa del mondo, potevano sentirsi sicuri a casa loro.
Il mondo intero doveva avere paura, doveva tremare, doveva associare la vita di ogni giorno di miliardi di persone al terrore perché all’improvviso poteva accadere qualcosa, per mano di qualcuno, talmente imprevisto e terrificante da devastare tutto.
E non finì lì perché alle 9,45 un terzo aereo distrusse un intero spicchio del Pentagono, mentre un quarto puntava alla Casa Bianca che fu evacuata. I caccia della Air Force abbatterono quell’aereo e poi altri tre in rotta verso ulteriori obiettivi di morte.
Ma l’impresa dei terroristi andò oltre le loro mira e scatenò i sorrisi crudeli e soddisfatti di Bin Laden in quel video diffuso ad arte per alimentare la strategia del terrore.
Alle 10,05 la prima delle due torri collassò accartocciandosi letteralmente su sé stessa e dopo venti minuti stessa sorte toccò alla sorella.
Immagini devastanti che fecero passare in secondo piano quelle di persone che disperate, pochi minuti prima, si erano lanciate nel vuoto dagli ultimi piani dei due grattacieli.
Il bilancio lo conoscemmo dopo ma le proporzioni di quell’attentato e di quei crolli diedero subito il sinistro presagio del disastro.
Le vittime furono 2.823 e in questa enorme cifra furono inclusi anche i passeggeri dei due aerei, le 125 nell’incendio del Pentagono e i 264 passeggeri a bordo dei 4 aerei dirottati e precipitati.
Contando le nazionalità delle vittime, i caduti di quello che fu un evidente atto di guerra erano appartenuti a 90 paesi diversi.
Da quel giorno, da quel 11 settembre, la storia del mondo è cambiata per sempre. I rapporti politici, le relazioni tra le nazioni, i tessuti sociali ma anche le dinamiche culturali dell’intero pianeta sono state stravolte e trasformate.
E nulla è tornato più come prima.
Per sempre.